
Il passaggio generazionale dell’impresa rappresenta uno dei momenti più delicati nella vita di un’azienda familiare. Trasferire le quote societarie ai propri figli è un’operazione che richiede non solo una visione strategica di lungo periodo, ma anche una profonda conoscenza delle implicazioni fiscali che ne derivano. L’Agenzia delle Entrate, con la recente risposta a interpello numero 271 pubblicata il 28 ottobre 2025, ha fornito importanti chiarimenti su quando e come è possibile donare le partecipazioni societarie ai propri discendenti godendo dell’esenzione dall’imposta di donazione. Questa agevolazione fiscale, disciplinata dall’articolo 3 comma 4-ter del Decreto Legislativo 346 del 1990 e recentemente riformata dal Decreto Legislativo 139 del 2024, può rappresentare un risparmio significativo per le famiglie imprenditoriali che intendono pianificare il futuro della propria azienda. In questa guida analizzeremo nel dettaglio tutti gli aspetti di questa importante opportunità fiscale, con particolare attenzione ai casi più complessi come la donazione della nuda proprietà delle quote e il trasferimento in regime di comproprietà tra più figli.
La normativa fiscale italiana prevede un’importante agevolazione per favorire il passaggio generazionale delle imprese familiari. L’articolo 3 comma 4-ter del Decreto Legislativo 346 del 1990, nella formulazione aggiornata dal Decreto Legislativo 139 del 2024 e applicabile dal primo gennaio 2025, stabilisce che i trasferimenti di aziende e partecipazioni a favore del coniuge o dei discendenti possono beneficiare dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni.
Questa previsione normativa risponde a una duplice finalità. Da un lato, intende agevolare la continuità delle imprese familiari, riducendo il carico fiscale che potrebbe rendere difficoltoso o addirittura impossibile il passaggio delle quote alle nuove generazioni. Dall’altro, mira a preservare il tessuto produttivo del Paese, evitando che considerazioni di natura fiscale possano portare alla frammentazione o alla cessazione di attività imprenditoriali sane e vitali.
L’esenzione non è però automatica né generalizzata. La legge pone infatti precisi requisiti, sia di natura soggettiva che oggettiva, che devono essere rigorosamente rispettati per poter accedere al beneficio fiscale. La mancata osservanza anche di uno solo di questi requisiti comporta l’applicazione dell’imposta di donazione secondo le aliquote ordinarie, con conseguenze economiche potenzialmente molto rilevanti.
Sul piano soggettivo, il legislatore ha individuato con precisione i beneficiari ammessi all’esenzione. Il trasferimento deve avvenire a favore del coniuge o dei discendenti del donante. Questa limitazione soggettiva riflette la volontà di favorire esclusivamente il passaggio generazionale all’interno del nucleo familiare più stretto, escludendo altri parenti o terzi estranei.
Nel caso analizzato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello numero 271, il requisito soggettivo risultava pienamente soddisfatto, trattandosi di una donazione effettuata da una madre a favore dei propri due figli. Questa configurazione rappresenta il caso classico e più frequente di passaggio generazionale, in cui l’imprenditore fondatore decide di trasferire il controllo della società ai propri discendenti diretti.
È importante sottolineare che la normativa non pone limitazioni riguardo al numero di beneficiari. È quindi possibile donare le quote a uno o più figli contemporaneamente, purché vengano rispettati i requisiti oggettivi che analizzeremo nei prossimi paragrafi. Questa flessibilità consente di adattare la pianificazione successoria alle specifiche esigenze della famiglia imprenditoriale, permettendo di coinvolgere tutti i discendenti interessati alla continuazione dell’attività aziendale.
Il requisito oggettivo fondamentale per accedere all’esenzione riguarda il trasferimento del controllo societario. La norma agevolativa si applica infatti limitatamente alle partecipazioni mediante le quali viene acquisito il controllo ai sensi dell’articolo 2359 comma primo numero uno del Codice Civile, oppure viene integrato un controllo già esistente in capo ai beneficiari.
Il concetto di controllo a cui fa riferimento la norma è quello di “controllo di diritto”, che si realizza quando un socio dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società. In termini pratici, questo significa possedere più del cinquanta per cento dei diritti di voto nelle deliberazioni assembleari che riguardano l’ordinaria amministrazione della società, come l’approvazione del bilancio, la nomina degli amministratori e la distribuzione degli utili.
Nel caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, la madre possedeva una quota rappresentativa del novantacinque per cento del capitale sociale della società e decideva di donare ai figli la nuda proprietà di questa partecipazione di controllo. La quota donata era quindi ampiamente sufficiente per garantire il controllo di diritto della società, superando abbondantemente la soglia del cinquanta per cento più uno dei voti necessaria per l’adozione delle delibere assembleari in sede ordinaria.
Questo aspetto è cruciale per comprendere la portata dell’agevolazione. Non basta infatti donare una partecipazione qualsiasi, ma è necessario che il trasferimento riguardi quote che attribuiscono effettivamente il controllo della società. Una donazione di quote minoritarie, per quanto rilevanti in termini di valore economico, non consentirebbe di accedere all’esenzione dall’imposta di donazione, dovendo quindi essere assoggettata a tassazione ordinaria.
Uno degli aspetti più interessanti e complessi del caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda la donazione della nuda proprietà delle quote societarie, con riserva di usufrutto a favore della donante. Questa configurazione è molto frequente nella pratica del passaggio generazionale, in quanto consente all’imprenditore di trasferire formalmente la proprietà delle partecipazioni ai figli, mantenendo però per sé alcuni diritti e poteri durante il proprio periodo di vita.
La donazione della nuda proprietà solleva tuttavia una questione delicata ai fini dell’applicazione dell’esenzione fiscale. Secondo il principio generale stabilito dall’articolo 2352 del Codice Civile, infatti, il diritto di voto sulle azioni o quote oggetto di usufrutto spetta all’usufruttuario e non al nudo proprietario. Questo significa che, in assenza di specifiche pattuizioni contrarie, i figli che ricevono in donazione la nuda proprietà delle quote non acquisirebbero automaticamente il diritto di voto e, conseguentemente, il controllo effettivo della società.
Questa circostanza potrebbe sembrare un ostacolo insormontabile all’applicazione dell’esenzione, che come abbiamo visto richiede il trasferimento del controllo di diritto ai beneficiari. Tuttavia, l’autonomia privata consente di derogare alla regola generale attraverso apposite convenzioni tra le parti. Nel caso esaminato, la soluzione adottata è stata proprio quella di inserire nell’atto stesso di donazione una specifica pattuizione con cui la madre donante trasferiva ai figli nudi proprietari la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria della società.
Questa clausola contrattuale risulta determinante per il riconoscimento dell’esenzione. L’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che, nonostante la donazione abbia formalmente ad oggetto solo la nuda proprietà delle quote, il contestuale trasferimento dei diritti di voto attraverso apposita convenzione è idoneo a integrare il trasferimento del controllo di diritto richiesto dalla norma agevolativa. In altri termini, ciò che rileva ai fini fiscali non è tanto la qualificazione giuridica formale del diritto trasferito, quanto piuttosto il trasferimento effettivo del potere di controllare la società attraverso l’esercizio della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria.
Un’altra questione rilevante affrontata dall’interpello riguarda la donazione delle quote in regime di comproprietà tra più beneficiari. Nel caso specifico, la madre donava la nuda proprietà della quota del novantacinque per cento ai due figli in comunione, senza procedere a una divisione formale delle partecipazioni tra di loro. Questa modalità di trasferimento solleva interrogativi circa l’effettiva possibilità per i donatari di esercitare il controllo societario in modo coordinato e univoco.
L’Agenzia delle Entrate aveva già affrontato questa tematica in passato, con la circolare numero 11 del 2007 e le successive risposte a interpello numeri 7 del 2019, 37 e 38 del 2020, nonché più recentemente con la risposta numero 72 del 2024. L’orientamento consolidato dell’Amministrazione finanziaria è nel senso di ritenere applicabile l’esenzione anche quando il controllo viene acquisito in regime di comproprietà da parte di più beneficiari, a condizione che vengano rispettate precise modalità operative.
In particolare, ai sensi dell’articolo 2347 del Codice Civile, quando una partecipazione appartiene a più persone, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune appositamente nominato. Questo rappresentante assume il compito di partecipare alle assemblee sociali e di esprimere il voto in modo unitario, impedendo che la comproprietà si traduca in una frammentazione del controllo o in situazioni di stallo decisionale.
Nel caso esaminato, questa condizione risultava pienamente rispettata. L’atto di donazione individuava espressamente in uno dei due fratelli donatari il rappresentante comune deputato a esercitare il diritto di voto per conto di entrambi i comproprietari. Questa previsione contrattuale garantisce che il controllo societario venga esercitato in modo unitario e coordinato, nonostante la formale comproprietà delle quote, assicurando così la continuità nella gestione dell’impresa e la stabilità degli assetti proprietari.
La soluzione della comproprietà con rappresentante comune presenta indubbi vantaggi pratici per le famiglie imprenditoriali. Consente infatti di coinvolgere tutti i figli nel passaggio generazionale, attribuendo loro formalmente la proprietà delle quote in parti uguali o secondo le proporzioni ritenute più opportune, senza però frammentare il controllo societario o creare situazioni di potenziale conflitto. Il rappresentante comune diventa il punto di riferimento per l’esercizio dei diritti sociali, garantendo efficienza decisionale e chiarezza nei rapporti con la società.
Un aspetto particolarmente interessante del caso analizzato riguarda la presenza di diritti particolari attribuiti alla donante dallo statuto della società. La madre, oltre a mantenere l’usufrutto sulle quote donate e a conservare una quota residua dell’1,3 per cento in proprietà piena ed esclusiva, risultava titolare di specifici diritti particolari previsti dalle clausole statutarie.
Ci si potrebbe chiedere se l’esistenza di questi diritti particolari in capo alla donante possa in qualche modo limitare o compromettere il controllo trasferito ai figli, precludendo così l’accesso all’esenzione fiscale. I diritti particolari possono infatti attribuire al socio che ne è titolare poteri significativi, come il diritto di veto su determinate delibere, la nomina di componenti degli organi sociali, l’accesso privilegiato a informazioni riservate o altri diritti che esulano dalla partecipazione proporzionale al capitale.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito con nettezza che, nel caso di specie, i diritti particolari della donante risultano irrilevanti ai fini dell’applicazione dell’esenzione. La motivazione fornita è che tali diritti non sono tali da incidere sul controllo di diritto trasferito ai figli. In altri termini, ciò che conta per verificare il trasferimento del controllo è esclusivamente la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, mentre eventuali diritti particolari che non influiscono su tale maggioranza non compromettono l’applicabilità del beneficio fiscale.
Questa precisazione è molto rilevante sul piano pratico. Non è infrequente, infatti, che in sede di passaggio generazionale l’imprenditore desideri mantenere alcuni poteri di supervisione o di intervento su decisioni particolarmente rilevanti, pur trasferendo formalmente il controllo ai figli. La risposta dell’Agenzia conferma che questa esigenza può essere soddisfatta attraverso l’attribuzione di diritti particolari previsti dallo statuto, senza che ciò pregiudichi l’esenzione dall’imposta di donazione, purché tali diritti non vadano a intaccare la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria trasferita ai beneficiari.
Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, la società le cui quote erano oggetto di donazione rivestiva una particolare natura giuridica ed economica. Si trattava infatti di una “holding industriale”, ovvero una società che svolge l’attività di gestione e coordinamento di altre società operative del gruppo. Più precisamente, la holding esercitava attività di gestione nei confronti della società Alfa e della sua controllata Beta, attraverso la quale deteneva indirettamente il controllo delle società Gamma, Delta e Omega.
La struttura di gruppo presenta sempre profili di maggiore complessità rispetto alla donazione di quote di una società operativa che svolge direttamente attività produttiva o commerciale. In un gruppo societario, infatti, il controllo sulla holding si traduce automaticamente in un controllo indiretto anche sulle società operative controllate, con evidenti riflessi sulla valutazione dell’effettivo potere trasferito ai beneficiari della donazione.
Nonostante questa particolare configurazione, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la natura di holding industriale della società non ostasse all’applicazione dell’esenzione. Nel testo della risposta a interpello, questo aspetto viene menzionato ma non viene ritenuto influente sulla spettanza del beneficio fiscale. Il ragionamento implicito sembra essere che, una volta accertato il trasferimento del controllo di diritto sulla società holding attraverso l’attribuzione della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria, l’esenzione trova applicazione indipendentemente dalla circostanza che tale società eserciti attività operativa diretta oppure attività di holding rispetto ad altre società del gruppo.
Questa interpretazione estensiva del beneficio fiscale risulta particolarmente favorevole per le famiglie imprenditoriali che hanno strutturato le proprie attività attraverso gruppi societari articolati. La possibilità di applicare l’esenzione anche alle donazioni di partecipazioni in società holding consente infatti di pianificare il passaggio generazionale al vertice della catena di controllo, trasferendo ai discendenti il comando sull’intero gruppo con un unico atto di donazione, beneficiando contestualmente dell’esenzione dall’imposta.
L’esenzione dall’imposta di donazione non è definitiva e incondizionata fin dal momento del trasferimento delle quote. La normativa prevede infatti un requisito temporale che i beneficiari devono rispettare per non perdere il diritto all’agevolazione fiscale. L’articolo 3 comma 4-ter del Decreto Legislativo 346 del 1990 stabilisce espressamente che l’esenzione trova applicazione a condizione che gli aventi causa detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.
Questo vincolo quinquennale ha una chiara finalità antielusiva. Il legislatore intende infatti evitare che l’esenzione venga utilizzata non per realizzare un effettivo passaggio generazionale dell’impresa, ma semplicemente per ridurre il carico fiscale su operazioni che, nella sostanza, mirano a cedere rapidamente le partecipazioni a terzi estranei alla famiglia. L’obbligo di mantenimento del controllo per cinque anni garantisce che i figli beneficiari della donazione rimangano effettivamente alla guida dell’azienda per un periodo significativo, dimostrando così la genuina volontà di proseguire l’attività imprenditoriale avviata dal genitore donante.
Per poter beneficiare dell’esenzione, è quindi indispensabile che nell’atto di donazione i donatari assumano l’impegno formale a mantenere il controllo per il quinquennio successivo al trasferimento. Questa dichiarazione deve essere contenuta espressamente nell’atto pubblico di donazione e costituisce elemento essenziale per l’applicazione dell’agevolazione. In assenza di tale impegno formale, l’Agenzia delle Entrate non riconoscerà il diritto all’esenzione e applicherà l’imposta di donazione secondo le aliquote ordinarie.
La violazione dell’obbligo di mantenimento del controllo comporta la decadenza retroattiva dal beneficio fiscale. Se i donatari dovessero cedere le quote o comunque perdere il controllo della società prima del decorso dei cinque anni dalla donazione, l’imposta di donazione originariamente non pagata diventerà immediatamente esigibile, con l’aggiunta di sanzioni e interessi. È quindi fondamentale che i figli beneficiari della donazione siano pienamente consapevoli di questo vincolo e siano effettivamente intenzionati a proseguire nella conduzione dell’impresa familiare per il periodo richiesto dalla legge.
La corretta applicazione dell’esenzione dall’imposta di donazione richiede particolare attenzione agli aspetti procedurali e documentali. La donazione di quote societarie deve necessariamente avvenire con atto pubblico redatto da un notaio, essendo questa la forma prescritta dalla legge per la validità del contratto di donazione. Il notaio rogante avrà il compito di verificare la sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla normativa agevolativa e di dare evidenza nell’atto degli elementi essenziali per l’applicazione dell’esenzione.
In particolare, l’atto di donazione dovrà contenere l’indicazione precisa della quota donata, specificando che si tratta di nuda proprietà qualora la donante si riservi l’usufrutto. Dovrà inoltre essere inserita la convenzione con cui il diritto di voto viene trasferito ai nudi proprietari, elemento indispensabile per integrare il trasferimento del controllo di diritto richiesto dalla norma. Nel caso di donazione a favore di più figli in comproprietà, l’atto dovrà individuare il rappresentante comune deputato a esercitare i diritti sociali per conto di tutti i comproprietari.
Fondamentale è poi l’inserimento nell’atto della dichiarazione dei donatari di impegnarsi a mantenere il controllo della società per almeno cinque anni dalla data del trasferimento. Questa dichiarazione deve essere resa in modo chiaro ed esplicito, evidenziando la piena consapevolezza del vincolo assunto e delle conseguenze della sua eventuale violazione. Il notaio avrà cura di illustrare alle parti il significato e la portata di questo impegno, assicurandosi che i beneficiari abbiano compreso appieno gli obblighi che stanno assumendo.
L’atto di donazione dovrà poi essere registrato presso l’Agenzia delle Entrate nel termine di venti giorni dalla sua stipula. In sede di registrazione, il notaio o le parti richiederanno l’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 3 comma 4-ter del Decreto Legislativo 346 del 1990, fornendo all’ufficio tutta la documentazione necessaria a comprovare la sussistenza dei requisiti previsti dalla norma. Sarà opportuno allegare copia dello statuto sociale, per dimostrare la configurazione dei diritti di voto, e ogni altro documento utile a verificare il trasferimento del controllo di diritto ai beneficiari.
I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello numero 271 del 2025 offrono importanti spunti di riflessione per le famiglie imprenditoriali che stanno pianificando il passaggio generazionale delle proprie aziende. La possibilità di donare la nuda proprietà delle quote mantenendo l’usufrutto, con contestuale trasferimento del diritto di voto, rappresenta uno strumento molto flessibile che consente di conciliare esigenze apparentemente contrastanti.
Da un lato, infatti, l’imprenditore può trasferire formalmente la proprietà delle partecipazioni ai propri figli, realizzando fin da subito il passaggio generazionale e beneficiando dell’esenzione dall’imposta di donazione. Dall’altro, attraverso la riserva dell’usufrutto, mantiene il diritto agli utili eventualmente distribuiti dalla società durante il proprio periodo di vita, garantendosi così una fonte di reddito per le proprie esigenze personali. Il trasferimento del diritto di voto consente poi ai figli di assumere effettivamente il controllo della società e di maturare le competenze necessarie per la sua gestione, pur sotto la supervisione e il consiglio del genitore che conserva l’usufrutto.
Questa configurazione risulta particolarmente vantaggiosa anche dal punto di vista della continuità aziendale. I figli entrano progressivamente nella gestione operativa dell’impresa mentre il fondatore è ancora in vita e può guidarli nell’acquisizione delle necessarie competenze imprenditoriali. Si evita così il rischio di un passaggio generazionale traumatico, che potrebbe verificarsi in caso di successione improvvisa non adeguatamente preparata. Il periodo di affiancamento tra genitore usufruttuario e figli nudi proprietari con diritto di voto può durare anche molti anni, garantendo un trasferimento di know-how e di relazioni che rappresenta spesso il vero patrimonio dell’impresa familiare.
L’esenzione dall’imposta di donazione per i trasferimenti di quote societarie ai figli rappresenta un’opportunità significativa per ridurre il costo fiscale del passaggio generazionale delle imprese familiari. I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate dimostrano che questa agevolazione può essere applicata anche in situazioni articolate, come la donazione della nuda proprietà con riserva di usufrutto e trasferimento del diritto di voto, oppure la donazione in comproprietà a favore di più figli con nomina di un rappresentante comune.
Tuttavia, l’accesso all’esenzione richiede il rigoroso rispetto di tutti i requisiti previsti dalla normativa, con particolare attenzione al trasferimento effettivo del controllo di diritto attraverso l’attribuzione della maggioranza dei voti in assemblea ordinaria e all’assunzione dell’impegno di mantenere tale controllo per almeno cinque anni. La corretta strutturazione dell’operazione richiede competenze specialistiche sia in ambito fiscale che societario, rendendo indispensabile l’assistenza di professionisti esperti.
Se state programmando il passaggio generazionale della vostra impresa e desiderate valutare le opportunità offerte dall’esenzione dall’imposta di donazione, vi invitiamo a contattare il nostro studio per una consulenza personalizzata. Analizzeremo insieme la vostra situazione specifica, individuando la soluzione più adatta alle vostre esigenze familiari e aziendali, nel pieno rispetto della normativa fiscale e civilistica vigente.
A cura di:
Dott. Marco Scardeoni
Dottore Commercialista
Founder & Managing Partner
Marco Scardeoni & Partners
Articolo aggiornato a novembre 2025. Le informazioni contenute hanno carattere generale e non costituiscono consulenza fiscale specifica. Per una valutazione personalizzata della vostra situazione, vi invitiamo a contattare il nostro studio.